Tribunale Ecclesiastico Interdiocesano delle Marche

REGOLAMENTO TRIBUNALE ECCLESIASTICI

CONFERENZA EPISCOPALE MARCHIGIANA

Regolamento del Tribunale ecclesiastico regionale piceno

 

I. LA CONFERENZA EPISCOPALE REGIONALE 

art. 1 Il moderatore

Il moderatore del tribunale è il Vescovo della diocesi di Fermo, dove ha sede il tribunale medesimo.
Il moderatore eletto rimane in carica per un quinquennio e può essere rieletto.
Oltre ai compiti attribuitigli dal diritto comune ai sensi dei cann. 1423 e 1439, spetta al moderatore vigilare sul corretto ed efficace funzionamento del tribunale e presentare alla Conferenza episcopale regionale una relazione annuale sulla situazione del tribunale, corredata eventualmente da osservazioni e proposte.
Il moderatore può ricevere una procura speciale dal legale rappresentante della Regione ecclesiastica, sentiti i Vescovi della Conferenza episcopale per il compimento di atti di straordinaria amministrazione concernenti il tribunale.
Spetta a lui anche l’approvazione dell’elenco degli uditori giudiziari (Cfr. can. 1428), e la nomina dei difensori del vincolo sostituti, del cancelliere e del notaio o attuario stabile del tribunale.

II. I GIUDICI E GLI ALTRI MINISTRI DEL TRIBUNALE 

art. 2 Il vicario giudiziale

Il vicario giudiziale è nominato dalla Conferenza episcopale regionale, rimane in carica per un quinquennio e può essere confermato.
Oltre ai compiti attribuitigli dal diritto comune e particolare, spetta al vicario giudiziale, in stretta intesa con il moderatore, dirigere l’attività del tribunale, curando che il funzionamento dello stesso sia corretto ed efficace.

In particolare, egli:

a) costituisce i turni giudicanti, per quanto possibile secondo le indicazioni del can. 1425, §3;
b) designa l’eventuale difensore del vincolo sostituto;
c) presiede, nella misura del possibile, i collegi giudicanti e designa il vicario giudiziale aggiunto che presiede il collegio (Cfr. can. 1426, § 2); in caso di necessità, nomina il preside del collegio;
d) favorisce la formazione permanente del personale addetto al tribunale;
e) vigila sul corretto adempimento dei compiti assegnati al personale;
f) cura l’amministrazione ordinaria del tribunale secondo gli indirizzi e i mandati del moderatore;
g) presenta alla Conferenza episcopale regionale una relazione annuale sull’attività del tribunale;
h) nomina i notai o attuari sostituti;
i) collabora con la Conferenza episcopale regionale nell’individuare persone idonee da inserire nell’organico del tribunale.

art. 3 I vicari giudiziali aggiunti

I vicari giudiziali aggiunti sono nominati dalla Conferenza episcopale regionale, rimangono in carica per un quinquennio e possono essere confermati.
Cooperano con il vicario giudiziale nell’organizzazione del lavoro del tribunale e nella presidenza dei collegi giudicanti.
In caso di assenza o impedimento del vicario giudiziale lo sostituisce il vicario giudiziale aggiunto più anziano per età.

art. 4 I giudici

I giudici sono nominati dalla Conferenza episcopale regionale, rimangono in carica per un quinquennio e possono essere confermati.
Il vicario giudiziale costituisce i collegi giudicanti scegliendone i membri tra i giudici nominati.
Del collegio giudicante può far parte, ove ciò si renda necessario, un solo giudice laico, di integra fama e in possesso del dottorato in diritto canonico, nominato dalla Conferenza episcopale regionale su proposta del vicario giudiziale, che ne attesta la adeguata preparazione.

art. 5 Il difensore del vincolo titolare e i suoi eventuali sostituti

Il difensore del vincolo titolare è nominato dalla Conferenza episcopale regionale, rimane in carica per un quinquennio e può essere confermato.
Per la difesa del vincolo nelle singole cause può essere coadiuvato da sostituti, che vengono nominati per un quinquennio dal moderatore e possono essere confermati.
La difesa del vincolo è compito del titolare dell’ufficio; l’eventuale assegnazione di singole cause a un sostituto è operata dal vicario giudiziale al momento della costituzione del collegio giudicante.
Il difensore del vincolo titolare cura l’uniformità dell’attività di difesa del vincolo nel tribunale e vigila sullo svolgimento della stessa da parte dei sostituti. Egli ha altresì la facoltà di avocare a sé la suddetta attività in singole cause, informando di ciò il vicario giudiziale e il preside del collegio giudicante.

art. 6 Il promotore di giustizia

Il promotore di giustizia è nominato dalla Conferenza episcopale regionale, rimane in carica per un quinquennio e può essere confermato. A1 suo ufficio spetta l’accusa della nullità del matrimonio a norma del can. 1674, 2° e la tutela della legge processuale.

art. 7 Il cancelliere

Il cancelliere è nominato dal moderatore del tribunale.
Il cancelliere:
a) coordina l’attività della cancelleria e collabora con il vicario giudiziale nell’organizzazione generale del funzionamento del tribunale;
b) organizza e cura l’archivio del tribunale;
c) su mandato del vicario giudiziale autorizza la consultazione dell’archivio del tribunale e rilascia atti o documenti relativi al tribunale, facendo fede con la sua firma dell’autenticità degli stessi.

art. 8 Il notaio o attuario stabile e i suoi sostituti

Il notaio o attuario stabile è nominato dal moderatore del tribunale.
Il notaio:
a) redige il verbale di udienza, sotto la moderazione del giudice;
b) con la propria firma fa fede dei verbali di udienza e degli altri atti e documenti rilasciati dal tribunale su mandato del giudice responsabile dei procedimenti in corso.
Per singoli atti processuali o anche per singoli procedimenti il vicario giudiziale può incaricare notai sostituti, i quali svolgono le medesime funzioni del notaio stabile.

art. 9 I patroni stabili

I patroni stabili sono nominati dalla Conferenza episcopale regionale, rimangono in carica per un quinquennio e possono essere confermati. Prima di assumere l’incarico prestano il giuramento “de munere fedeliter adimplendo”.
Il patrono stabile svolge la propria attività di consulenza e di contatto con le parti, di cui assume la difesa, in una propria sede ecclesiastica. E’ cura del tribunale il reperimento e la dotazione di tale sede in modo da consentire al patrono stabile un efficace svolgimento del proprio servizio.
Il patrono stabile di un tribunale regionale italiano non può assumere la difesa dei propri assistiti in cause pendenti o da introdurre presso il foro civile e penale dello Stato italiano, fatto salvo l’eventuale procedimento di delibazione.
Lo stato giuridico del patrono stabile e la tipologia d’inquadramento professionale sono determinate su indicazione della C.E.I. (Cfr. Art. 6, &1 delle Norme emanate dalla C.E.I.)

art. 10 I periti

Spetta al moderatore, su proposta del vicario giudiziale, nominare i periti del tribunale, sentito l’Ordinario degli stessi, inserendoli in un apposito elenco, suddiviso secondo le specifiche competenze.
In vista dell’eventuale inserimento nell’elenco del tribunale, gli aspiranti periti sono tenuti:
a) a presentare un curriculum accademico e professionale completo e aggiornato;
b) a indicare referenze ecclesiastiche a richiesta del vicario giudiziale;
c) a sottoporsi, ove il vicario giudiziale lo ritenga necessario, a un tirocinio di preparazione guidato dal medesimo vicario giudiziale o da un suo incaricato, eventualmente anche con la collaborazione di un perito della medesima disciplina, già inserito in elenco;
d) a prestare giuramento de munere fedeliter adimplendo, prima di assumere l’incarico.
Chi fosse intervenuto in una causa quale perito di parte non può essere nominato, nel medesimo procedimento, quale perito di ufficio. Può essere tuttavia ascoltato d’ufficio o su richiesta di parte quale teste tecnico ed il suo parere può essere tenuto presente dal giudice quale elemento ex adiunctis per la valutazione di cui al can. 1680.

art. 11 I patroni di fiducia

I patroni di fiducia sono tenuti all’osservanza della normativa canonica comune, di quella particolare italiana e del regolamento del tribunale.
All’elenco previsto dall’art. 5, § 1 delle Norme emanate dalla C.E.I. possono essere iscritti i patroni di fiducia che:
a) sono in possesso del diploma di avvocato rotale o del diploma di dottorato in diritto canonico oppure sono stati approvati in quanto “vere periti” (Cfr. can. 1483) dal moderatore, sentito il vicario giudiziale;
b) hanno effettivo domicilio nel territorio della Regione ecclesiastica.
I patroni non effettivamente domiciliati nel territorio della Regione ecclesiastica debbono ottenere, per ogni singola causa, il permesso scritto del Vicario giudiziale per esercitare la loro funzione.
Qualora costituiscano associazioni su base regionale, i patroni di fiducia comunque ammessi a patrocinare presso il tribunale devono chiedere ed ottenere dalla Conferenza episcopale regionale l’approvazione dei relativi statuti per conseguire una rappresentanza accreditata in vista della trattazione e risoluzione di questioni di interesse generale.
In caso di inadempienze nell’esercizio del mandato, si procede a norma dei cann. 1488-1489 e del § 5 dell’art. 5 delle Norme emanate dalla C.E.I.


III. L’ATTIVITÀ PRELIMINARE AL PROCESSO 

art. 12 Il servizio di consulenza

I fedeli che intendono assumere informazioni circa l’eventuale introduzione di una causa per la dichiarazione di nullità matrimoniale, possono prendere contatto con la cancelleria del tribunale, che provvede a indirizzarli ai patroni stabili o ad altri servizi di consulenza operanti.

art. 13 La richiesta di iniziare una causa

La richiesta di iniziare una causa matrimoniale deve essere presentata dalla parte interessata al vicario giudiziale, il quale chiarisce con le modalità più opportune l’onere economico della causa nella forma del contributo obbligatorio, da versare al tribunale, e della contribuzione volontaria al costo finale della causa, da versare alla C.E.I.

art. 14 La richiesta di un patrono stabile

Il vicario giudiziale, o il vicario giudiziale aggiunto, ai quali di regola spetta la presidenza dei turni giudicanti, assegnano ai fedeli che ne fanno richiesta un patrono stabile che li assista in giudizio, tenendo conto delle ragioni addotte, avvalorate dalla documentazione e valutate alla luce della particolare sensibilità della parte, nonché della effettiva disponibilità del servizio.
I patroni stabili sono tenuti ad assicurare il servizio di consulenza nelle modalità determinate dal vicario giudiziale e ad introdurre le cause, una volta esperita la consulenza, rispettando l’ordine cronologico.


IV. LO SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 

art. 15 Il libello

Oltre a quanto richiesto dalla normativa comune, il libello deve recare in allegato:
a) il mandato di patrocinio ed eventualmente quello di procura;
b) la copia integrale dell’atto di matrimonio;
c) l’elenco dei testi con indirizzi completi e indicazione della parrocchia del domicilio;
d) i capitoli di prova per le parti e i testi;
e) la documentazione della situazione civile relativamente al matrimonio la cui validità viene impugnata.
Il libello va presentato al vicario giudiziale dalla parte attrice o dal patrono che l’assiste, depositandolo in cancelleria; contestualmente viene versato il contributo di concorso ai costi della causa (£. 700.000), previsto dal § 2 dell’art. 4 delle Norme emanate dalla C.E.I.
Il Vicario giudiziale può esonerare dal versamento di parte o di tutta la quota, in presenza di impossibilità economiche della parte attrice, dietro presentazione di adeguata documentazione.
Della presentazione del libello viene rilasciata ricevuta dalla cancelleria del tribunale, ai fini di cui al can. 1506.

art. 16 La presentazione di documenti

Ogni istanza, richiesta, documento consegnato al tribunale:
a) deve constare di un originale, o copia autentica, corredato di sei copie fotostatiche, salva eccezione stabilita dal giudice;
b) se manoscritto, deve essere accompagnato da trascrizione dattilografica, salva eccezione stabilita dal giudice;
c) se, per ragioni di celerità, viene inviato via fax, l’esibizione deve essere in tempi brevi seguita dall’integrazione della documentazione secondo quanto stabilito alle lettere a) e b).
I documenti originali prodotti dalle parti vengono restituiti a fine istanza, a richiesta e con rilascio di ricevuta della parte consegnataria.

art. 17 Le notifiche alle parti

Ogni notifica alle parti va fatta in busta con prova dell’avvenuto ricevimento.
I termini eventualmente assegnati in tali notifiche decorrono dal momento del ricevimento della notifica medesima.
Alla parte assistita da patrono, sia stabile che di fiducia, le notifiche vengono fatte presso il patrono medesimo. Il giudice può stabilire che, in casi eccezionali, la notifica sia fatta anche al domicilio proprio della parte.
La parte che, avvisata dal servizio postale, non cura il ritiro di una notifica inviatale, viene considerata ugualmente raggiunta dalla notifica ai sensi del can. 1510. Alla parte convenuta dichiarata assente dal giudizio vanno notificate, dopo il decreto di assenza, solo nuove eventuali domande giudiziali e la sentenza definitiva. Alla parte convenuta che si rimette alla giustizia del tribunale, ma che non prende parte attiva al giudizio, sono assicurate comunque tutte le notifiche che vengono fatte alla parte attrice.

art. 18 La concordanza del dubbio

La concordanza del dubbio, adempiuto a quanto disposto dal can. 1676, avviene per verbale di udienza oppure per decreto, come previsto per le cause matrimoniali dal can. 1677, seguendo la prassi che si ritiene utile.
Integrazioni eventuali del dubbio di causa, ai sensi del can. 1514, avvengono per decreto del preside del collegio.

art. 19 L’istruttoria

In applicazione e ad integrazione di quanto dettato dal Codice, si stabilisce quanto segue:
a) il ricorso, a norma del can. 1527 § 2, contro la non ammissione di una prova va diretto al collegio giudicante;
b) in atti deve sussistere documentazione di ogni ammissione (o rigetto) di prova di parte o della disposizione di prova d’ufficio nonché della sua notifica agli aventi diritto, in particolare per quanto concerne i testi ai sensi dei cann. 1554 1555;
c) nel condurre gli interrogatori il giudice deve osservare con particolare accuratezza quanto previsto dai cann. 1562 1564, sia nell’ammettere domande proposte dalle parti, sia nel porre questioni d’ufficio. In particolare, deve astenersi dal recepire opinioni espresse dai deponenti ed evidenziare accuratamente la fonte della loro conoscenza e/o gli elementi di riscontro delle loro affermazioni;
d) dal verbale degli interrogatori (o comunque dal fascicolo di causa) deve risultare quali quesiti sono stati ammessi o rigettati, da chi provengono le domande cui viene data risposta, se le risposte medesime sono date spontaneamente ovvero a contestazione del giudice o a specifica richiesta di parte;
e) se ad udienze istruttorie partecipano il difensore del vincolo ovvero patroni, sia stabili che di fiducia, essi debbono rivolgere eventuali domande per l’interrogato tramite il giudice;
f) nella redazione di eventuali domande a periti, occorre attenersi alla materia di stretta competenza del perito, evitando di formulare quesiti che possono spingerlo a esprimere conclusioni di carattere giuridico e comunque fuori del campo della sua disciplina;
g) il giudice che chiede ad altro tribunale l’esecuzione di una rogatoria deve allegare alla richiesta il libello, la deposizione delle parti già interrogate, quesiti specifici da sottoporsi agli interrogandi, nonché tutta la documentazione che può essere utile per un proficuo adempimento della commissione rogatoriale;
h) nel caso in cui devono allegarsi in atti testi tradotti da altre lingue, deve risultare chi ha approntato la traduzione e deve essere allegato agli atti anche il testo originale del documento tradotto.

art. 20 La pubblicazione degli atti

Il decreto di pubblicazione degli atti, sentito il giudice istruttore, è firmato dal preside, che fissa anche il termine assegnato alle parti per proporre eventuali nuove richieste istruttorie.
Gli atti debbono essere consultabili per le parti presso la cancelleria del tribunale, in modo che esse possano leggerli integralmente e di persona.
Alle parti non può essere consegnata copia degli atti; i patroni che ne ricevono copia sono tenuti a non rilasciarla ai loro assistiti, garantendone la consultabilità presso la propria sede.
Se il preside decide di porre un atto sotto segreto a norma del can. 1598 § 1 deve inserire nel fascicolo di causa un suo provvedimento (pure sotto segreto) da cui risulta quali sono i gravissimi pericoli che lo hanno condotto a quella decisione e in che modo ha ravvisato di poter garantire la integrità del diritto di difesa per tutti i partecipanti al processo.
Ai sensi del canone sopra citato, la segretazione di un atto vale per tutti, esclusi solo i giudici: parti private, loro patroni e parte pubblica non hanno titolo a conoscere l’atto posto sotto segreto.

art. 21 I supplementi istruttori

Eventuali supplementi istruttori dopo la pubblicazione degli atti (can. 1598 § 2) o dopo la conclusione in causa (can. 1600) debbono essere richiesti per iscritto dalla parte ed ammessi dal preside con provvedimento motivato e notificato alle parti, previamente sentite quando richiesto dalla legge.
In caso di richiesta di nuova audizione di testi già uditi, il preside deve motivare il provvedimento secondo i criteri stabiliti dal can. 1570; se la domanda della parte non illustra quanto espressamente indicato dalla legge, la domanda medesima non può essere accolta.

art. 22 La conclusione in causa

La conclusione in causa è firmata dal preside, il quale fissa anche il termine per la presentazione delle difese, tenuto conto della complessità della causa stessa.
Se le parti in causa non presentano le difese nei termini prescritti, spetta al preside decidere l’archiviazione della causa, trascorso il termine di cui al can. 1520, ovvero la discussione della causa per la sentenza, a norma del can. 1606, notificando il fatto alle parti.
Lo scambio delle difese, per memoriali, fra gli intervenuti nel dibattimento avviene a cura della cancelleria del tribunale.
Trascorso il termine per le repliche, il cancelliere consegna il fascicolo ai giudici e il preside fissa la data di discussione della causa.

art. 23 La sentenza e le impugnative

Salvo quanto stabilito all’articolo precedente, le parti vengono informate della data della discussione della causa solo su loro richiesta.
La sentenza od ogni altro decreto avente valore di sentenza definitiva devono essere motivati in diritto e in fatto in modo strettamente pertinente alla giustificazione del dispositivo, con argomenti e linguaggio veramente consoni a un pronunciamento giurisdizionale. I cofirmatari della motivazione possono chiedere la variazione di quelle espressioni che a loro giudizio non corrispondono a tale criterio, e la questione va risolta all’interno del collegio.
In caso di impugnativa, gli atti di causa sono trasmessi al tribunale di secondo grado solo dopo che la parte ha fornito prova di aver effettivamente radicato in quella sede l’impugnazione della sentenza.

art. 24 La procedura di appello secondo il can. 1682 § 2

In sede di giudizio di secondo grado a norma del can. 1682 § 2 il tribunale appellato richiede alle parti la presentazione di eventuali osservazioni entro un termine prefissato.
L’ammissione di nuove prove è consentita solo dopo che il collegio ha deciso la trattazione della causa con esame ordinario in secondo grado di giudizio.

art. 25 Il contributo delle parti ai costi della causa

Dopo la pronuncia conclusiva del secondo grado di giudizio, il preside del collegio giudicante del tribunale di secondo grado trasmette al tribunale di primo grado la copia autentica del decreto di ratifica o la sentenza di appello (Cfr. cann. 1615 e 1509) e comunica il costo della causa in tale grado di giudizio.
Il preside del collegio giudicante del tribunale di primo grado convoca le parti per notificare formalmente la decisione e illustrare alle stesse la possibilità di contribuire ai costi della causa.
Il preside stesso, dato atto del contributo obbligatorio già versato, comunica quindi il costo effettivo della causa, comprensivo dei due gradi di giudizio.
Consegna infine un modulo di conto corrente intestato alla C.E.I., con il quale è possibile effettuare la predetta contribuzione.
La forma del conto corrente e il versamento diretto alla C.E.I. garantiscono la segretezza nei confronti del tribunale e quindi la libertà del versamento in questione.
Qualora risultasse impossibile o difficile la convocazione delle parti, la comunicazione sopra descritta può avvenire anche con lettera.
Le disposizioni relative alla libera contribuzione ai costi della causa non si applicano nei processi introdotti a norma del can. 1675, § I e nelle cause incidentali: i costi relativi sono a totale carico rispettivamente della parte attrice e della parte proponente.

art. 26 Il costo effettivo di una causa

Il costo di una causa è determinato, ai fini di cui all’art. 4, § 1 delle Norme emanate dalla C.E.I., dagli oneri ordinari del tribunale (Cfr. Norme emanate dalla C.E.I., art. 2, § 2) e dai costi aggiuntivi (per trasferte, acquisizione di particolare materiale documentale, perizie d’ufficio, ed altro).
Gli oneri ordinari del tribunale rapportati a ciascuna causa sono calcolati in modo forfetario. Allo scopo si procede con il seguente criterio:
a) si calcolano gli oneri del tribunale relativi all’anno precedente;
b) si considera il numero delle cause decise o perente nell’anno precedente e di quelle pendenti al 31 dicembre;
c) si divide la somma di cui alla lettera a) per il numero delle cause di cui alla lettera b). I costi aggiuntivi sono documentati e vengono quindi puntualmente calcolati.
Il costo effettivo di una causa risulta dalla somma degli oneri ordinari e dei costi aggiuntivi del tribunale di primo e di secondo grado.

V. ADEMPIMENTI SUCCESSIVI ALLA CONCLUSIONE DEL PROCESSO 

art. 27 Il divieto di passare a nuove nozze

Nella sentenza definitiva il tribunale regionale, ai sensi del can. 1684, § 1, appone alla parte interessata il divieto di celebrare nuove nozze, esclusivamente se vi sono fondate ragioni di ritenere che possa sussistere o ripresentarsi la situazione che ha determinato la nullità del matrimonio.
La rimozione del divieto spetta all’Ordinario del luogo dove viene istruita la pratica per la celebrazione del matrimonio, a norma dell’art. 59 del Decreto generale sul matrimonio canonico.
Su richiesta dell’Ordinario interessato il tribunale regionale presta gratuitamente la propria assistenza ai fini della rimozione del divieto, iscrivendo in bilancio eventuali spese sostenute.

art. 28 L’assistenza alle parti per la delibazione della sentenza canonica

I1 tribunale di appello, che conclude con provvedimento esecutivo pro nullitate una causa in secondo grado di giudizio, su domanda delle parti interessate alla delibazione della sentenza ecclesiastica con decisione della Corte d’Appello competente, richiede al Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica il decreto di esecutività, previsto dall’art. 8, n. 2 dell’Accordo di revisione del Concordato lateranense firmato il 18 febbraio 1984. Tale decreto deve essere consegnato personalmente alla parte che l’ha richiesto.

NOTA – Poiché il Concilio plenario piceno ha promulgato l’8 Settembre 1989 Norme anche a proposito delle dispense “super rato”, dando possibilità ai singoli Vescovi della Regione di demandare l’istruttoria di tale dispense al Tribunale regionale (Art. 208) i Vescovi ritengono, in attesa di disposizioni adeguate, che le norme applicate alle cause di nullità di cui al presente regolamento, possano essere estese, fatte le debite proporzioni, anche all’istruttoria delle dispense “super rato”.